Sfogati al momento giusto

Non ci si può certo mantenere in salute se non si svuota quotidianamente la vescica e l’intestino. Eppure siamo abituati ogni giorno a trattenere le emozioni, in questo modo tutto l’organismo si contrae impiegando una grande energia muscolare e psichica per non fare uscire ciò che proviamo.  Contemporaneamente questa energia non agisce solo in questa direzione perché interferisce anche con l’attività del nostro apparato digestivo,  della nostra circolazione sanguigna o del nostro sistema nervoso.

 

Abbiamo imparato a reprimerci (da piccoli non era così), incassando ogni giorno la nostra dose più o meno grande di frustrazioni senza prenderci il tempo di espellerle.

Accumuliamo lo stress per settimane, a volte addirittura anni, finché ‘la pentola a pressione’ non esplode e la salute si compromette.

E in più finiamo anche per inasprire o guastare i rapporti con le persone vicine, i familiari, gli amici e i colleghi di lavoro.

 

La verità è che non si può stare bene se non impariamo a dire tranquillamente quello che sentiamo.

Non c’è niente di più dannoso e sterile che rimuginare,  a maggior ragione se si verifica all’insaputa delle persone direttamente interessate.

Sia chiaro: non che si debba ‘uscire dai gangheri’ con crisi di nervi vere e proprie (che alla fine si verificano, prima o poi, quando si tarda troppo a  parlare).

Abbiamo il diritto di dire tutto ma … con garbo,  al momento giusto.

E il momento migliore per sfogarsi è quello immediatamente successivo all’evento che ci ha turbato.

 

Thomas Gordon,  specialista in psicologia della comunicazione, ha dato degli utili suggerimenti per comunicare in modo corretto quando si verifica qualcosa che ci disturba.

Ecco in 5 passaggi la sequenza da seguire:

  1. Dare un nome al comportamento inaccettabile, ad esempio “quando fai rumore in questo modo”
  2. Dare un nome al sentimento che si prova a seguito di tale comportamento, ad esempio “sono contrariata, disturbata”
  3. Dare un nome al disagio che ne deriva, ad esempio “non riesco a concentrarmi nel mio lavoro”
  4. Dare un nome al comportamento sostitutivo auspicato, ad esempio “se mi dai un po’di tranquillità per terminare ciò che sto facendo”
  5. Dare un nome all’obiettivo positivo da raggiungere, ad esempio “avrò il tempo di giocare con te”.

 

Negli esempi ho fatto riferimento ad una situazione specifica che si è verificata a volte nel quotidiano con mio figlio, ma la sostanza è fondamentalmente questa: si deve evitare di giudicare l’altro, meglio evidenziarne solo il comportamento. In questo modo la persona non riceve una condanna nella sua globalità, può constatare che il rimprovero è preciso e potrà correggersi se lo desidera.

Questo vale per tutte le relazioni, in famiglia, nelle amicizie, in amore, come nel lavoro.

Manifestare nell’immediatezza dell’evento disturbante, nel modo corretto, le proprie emozioni,  evita di scavare un baratro tra le persone e permette di chiarire al massimo i rapporti. Senza frustrazioni né risentimenti.

Prova. Vedrai che grazie al rispetto per se stessi (e anche per gli altri) si possono ottenere meravigliosi risultati.

 

Post scriptum

Ci sono casi in cui siamo costretti a rimandare il nostro sfogo, ad esempio quando si tratta del nostro superiore e rischiamo di mettere in pericolo la nostra sicurezza professionale.

In attesa di un’opportuna, prossima occasione per chiarirsi, per non trattenere per troppo tempo le emozioni e smaltire la tensione muscolare e psichica, è d’aiuto fare una bella camminata/corsa prima della fine della giornata.

Anche un vecchio materasso o un cuscino da usare come punching-ball migliorano la situazione, quando il tasso di frustrazione sale pericolosamente.  

Infine puoi urlare (meglio se in un luogo isolato) e scoprirai quanto questa pratica sia liberatoria. Maggiori dettagli a riguardo li trovi in questo mio precedente post Urla!

 

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