Conoscere se stessi e vivere spiritualmente per essere sani

Presupposto indispensabile per stare bene è conoscersi.
Sembrerebbe facile, eppure non lo è affatto. In realtà puoi dire di conoscerti davvero se hai consapevolezza  dei tuoi pensieri, dei tuoi sentimenti, dei tuoi sogni, dei tuoi comportamenti e delle tue abitudini. Infine del tuo corpo. Sai ascoltarlo? Sei in grado di percepire le sue reazioni? Spesso infatti il corpo ci rivela la nostra condizione interiore in modo più chiaro e sincero di quanto faccia l’esame del nostro pensiero. È bene quindi anche ascoltare il corpo per conoscersi meglio.

 

Secondo la psicosomatica i disturbi del corpo non sono accidentali ma dicono qualcosa di vero della persona, dei suoi bisogni e desideri inconsci e di come questi sono stati repressi o rimossi.
La malattia dunque porta un messaggio importante e può trasformarsi anch’essa in un’importante fonte per la conoscenza di noi stessi poiché ci vuole istruire su qualcosa che fino ad adesso non siamo riusciti a comprendere o a fare. Ci può aiutare a riconoscere le nostre zone d’ombra e segnalare che cosa abbiamo escluso dalla nostra vita (quindi qualcosa che dobbiamo cambiare o integrare per avere un’esistenza più sana e più ricca).

 

Questo modo di vedere la malattia può essere giusto ma anche pericoloso se si pone come esclusivo. La malattia sì, può essere un’immagine della nostra situazione interiore, ma non necessariamente.
Ci sono persone, ad esempio, malate dalla nascita e lasciar credere loro che lo sono perché non hanno compreso bene o fatto bene qualcosa sarebbe profondamente scorretto dal momento che non si sono scelti da soli le costituzioni che hanno. Nello stesso tempo possono esserci persone fisicamente inferme ma psichicamente sanissime e fortissime e in grado di produrre grandi cose (penso ad alcuni santi del passato spesso malati, ma che hanno avuto una grande profondità spirituale e che sono stati una guida per chiunque è entrato in contatto con loro).

 

Una cosa è certa: è nostro compito doveroso essere premurosi con noi stessi e cercare di seguire delle regole per una vita sana. Che significa, prima di tutto, una giusta misura nel bere e nel mangiare. Ma anche una giusta misura tra spazi chiusi e natura,  tra lavoro e riposo, tra rumore e silenzio, tra azione e contemplazione, tra veglia e sonno.
Gli antichi lo sapevano bene e infatti agli inizi la medicina non si è limitata al solo trattamento delle malattie ma è stata anche un’arte della sana condotta di vita.
Ecco, penso che dovremmo impegnarci a condurre un sano stile di vita e smettere di attribuire la responsabilità della nostra salute ai medici e agli scienziati. Medicine e integratori non bastano a farci stare bene.
Dobbiamo invece cercare di conoscerci meglio e organizzarci le giornate  ricordando che tutto ciò che entra dentro di noi – non solo cibo e bevande ma anche ciò che vediamo e udiamo – è in grado di influenzarci, fortificare il nostro organismo o distruggerlo, allargarci  il cuore o chiuderlo.

 

Ciò con cui decidiamo di nutrirci (su tutti i piani) fa la differenza.
E fa la differenza anche il modo in cui viviamo il nostro quotidiano. Posso alzarmi al mattino con fatica, lamentarmi per tutto il giorno e svolgere in fretta e furia ogni cosa che faccio. Oppure posso incominciare la giornata con una breve preghiera o meditazione, rallegrarmi per tutto ciò che compio in piena consapevolezza e cercare, il più possibile, di essere una persona in pace con se stessa e col mondo.
Corpo e anima sono uniti e procedono di pari passo. Per poter vivere sani dobbiamo vivere spiritualmente. Non dimenticando che l’autenticità della nostra spiritualità non si manifesta solamente nel grado della nostra salute fisica.