Agli insegnanti

1830. Abraham Lincoln, 16esimo presidente Usa, scrive all’insegnante di suo figlio. 

Parole vibranti che oggi, più che mai, commuovono e fanno riflettere.  

 

Ho sottolineato in neretto un passaggio sul quale vorrei soffermare l’attenzione e, mentre evidenzio questa parte di testo e scrivo, non posso fare a meno di chiedermi, con un nodo in gola: che tipo di educazione, che tipo di messaggi stiamo passando ai piccoli e agli adolescenti in questo momento storico?

 

Non è un periodo facile per nessuno, per il mondo della scuola ancora meno. 

 

Eppure, anche se non sembra, c’è ancora chi fa questo lavoro con amore e passione, nonostante tutto. 

 

Coraggio, Insegnanti Veri. Avanti con coscienza!

Tenete sempre a mente che potete essere determinanti per la formazione degli individui.

Questa lettera è dedicata a voi:

 

“Il mio figlioletto inizia oggi la scuola: per lui, tutto sarà strano e nuovo per un po’ e desidero che sia trattato con delicatezza. 

È un’avventura che potrebbe portarlo ad attraversare continenti, un’avventura che, probabilmente, comprenderà guerre, tragedie e dolore. Vivere questa vita richiederà Fede, Amore e Coraggio. Quindi, maestro caro, la prego di prenderlo per mano e di insegnargli le cose che dovrà conoscere. 

Gli trasferisca l’insegnamento, ma con dolcezza, se può. 

Gli insegni che per ogni nemico c’è un amico. 

Dovrà sapere che non tutti gli uomini sono giusti, che non tutti gli uomini sono sinceri. Gli faccia però anche comprendere che per ogni farabutto c’è un eroe, che per ogni politico disonesto c’è un capo pieno di dedizione.

 

Gli insegni, se può, che 10 centesimi guadagnati valgono molto di più di un dollaro trovato; a scuola, o maestro, è di gran lunga più onorevole essere bocciato che barare. 

Gli faccia imparare a perdere con eleganza e, quando vince, a godersi la vittoria. 

Gli insegni a esser garbato con le persone garbate e duro con le persone dure. 

Gli faccia apprendere anzitutto che i prepotenti sono i più facili da vincere.

 

Lo conduca lontano, se può, dall’invidia, e gli insegni il segreto della pacifica risata. 

Gli insegni, se possibile, a ridere quando è triste, a comprendere che non c’è vergogna nel pianto, e che può esserci grandezza nell’insuccesso e disperazione nel successo. 

Gli insegni a farsi beffe dei cinici. 

Gli insegni, se possibile, quanto i libri siano meravigliosi, ma gli conceda anche il tempo di riflettere sull’eterno mistero degli uccelli nel cielo, delle api nel sole e dei fiori su una verde collina.

 

Gli insegni ad aver fede nelle sue idee, anche se tutti gli dicono che sbaglia. 

Cerchi di infondere in mio figlio la forza di non seguire la folla quando tutti gli altri lo fanno. 

Lo guidi ad ascoltare tutti, ma anche a filtrare quello che ode con lo schermo della verità e a prendere solo il buono che ne fuoriesce.

 

Gli insegni a vendere talenti e cervello al miglior offerente, ma a non mettersi mai il cartellino del prezzo sul cuore e sull’anima. 

Gli faccia avere il coraggio di essere impaziente e la pazienza di essere coraggioso. 

Gli insegni sempre ad avere suprema fede nel genere umano e in Dio.

 

Si tratta di un compito impegnativo, maestro, ma veda che cosa può fare. È un bimbetto così grazioso, ed è mio figlio”.