È questo che vogliamo per i nostri bambini?

La prima settimana di scuola si è appena conclusa e mentre sto scrivendo non so se mi sento più triste o arrabbiata. 

La maggior parte degli Istituti hanno sicuramente fatto degli sforzi per adattarsi alle Linee Guida che il Ministero dell’Istruzione e il Comitato Tecnico Scientifico hanno definito per le riaperture in sicurezza ma, tra mascherine, percorsi, cartelli, segnaletiche, distanziamento, disinfettanti e possibili trattamenti sanitari obbligatori (tamponi), questa non è più scuola. 

 

Non voglio dire che non esistano anche aule felici con insegnanti, presidi e dirigenti di buon senso che hanno saputo gestire il rientro riuscendo a trovare un modo per equilibrare tutte le varie esigenze e sensibilità. Certamente ci sono e spero davvero che si possa parlare di numerosi esempi, non solo di casi isolati. Ho, però, visto foto e ascoltato racconti che mi hanno lasciata basita: bambini inginocchiati che disegnavano sulle sedie, sgridati per essersi toccati il viso con le mani o essersi avvicinati troppo a un amico o ancora allontanati bruscamente perché volevano abbracciare la maestra. A Verona un bimbo della primaria è svenuto in classe dopo ore con la mascherina sbattendo forte il mento. Portato al pronto soccorso, è stato poi tenuto in osservazione prima di essere dimesso, ne ha dato notizia L’Arena.

 

È questo che vogliamo per i nostri bambini?

Vorrei ricordare che uno studio recente pubblicato dal British Medical Journal (che esamina i dati provenienti da diversi paesi) conclude che i bambini hanno minore possibilità di infettarsi rispetto agli adulti, contraggono tutt’al più una passeggera infezione alle vie respiratorie superiori mostrando sintomi lievi e sono scarsamente infettivi nell’ambiente domestico. Infine è emerso anche che non ci sono prove di insegnanti contagiati dai loro allievi e ci sono evidenze molto scarse di un effetto del covid-19 sui bambini con comorbilità (a differenza degli adulti).

Insomma i più piccoli e gli adolescenti non sono “untori”, almeno in base alle informazioni scientifiche attualmente disponibili.

 

E poi, scusate, non sono stati liberi per tutti i mesi estivi?

Sono stati fuori, hanno giocato e  frequentato i coetanei e gli adulti senza conseguenze drammatiche. 

Perché allora non permettere loro di frequentare la scuola normalmente invece di costringerli a misure di controllo sanitario esagerate e lesive dei loro diritti naturali alla socialità e all’apprendimento?

 

Un conto sono le norme igieniche – e per norme igieniche intendo lavarsi bene e spesso le mani e rimanere nella propria abitazione in caso di sintomi influenzali o alterazione della temperatura – che sono giuste sempre, non solo in tempi di nuovo coronavirus, perché si tratta di azioni utili e salutari in primis per chi le compie, oltre che di un dovere morale e sociale a tutela di chi è più fragile.

Altro conto è, invece, far sprofondare alunni e insegnanti in un incubo sanitario. 

Misure rigide potevano avere senso durante i mesi peggiori dell’epidemia ma ora, francamente, appaiono ben poco giustificate.

 

Infatti molti medici e ricercatori hanno più volte specificato che i positivi di oggi sono quasi tutti asintomatici, cioè sani e inoffensivi, e che non siamo più in emergenza sanitaria, inoltre già nei mesi scorsi avevano messo in guardia sui rischi che può comportare l’utilizzo delle mascherine in età pediatrica. Ciononostante i loro messaggi (che non sono stati trasmessi dalle TV nazionali o dai soliti giornali), sebbene molto chiari e  forti, sono rimasti inascoltati.

E così eccoci qui: è appena cominciata la scuola e un bimbo è finito in ospedale. 

Sarà mica per questo che hanno fatto firmare i patti di corresponsabilità? Perché, se si acconsente a tutte le misure di sicurezza firmandolo, in casi come questo poi non è più possibile appellarsi a nulla, immagino.

 

Speriamo non capiti più. 

Ma, soprattutto, cerchiamo di ragionare e di domandarci, FINCHÉ SIAMO ANCORA IN TEMPO, che effetti potrà avere questo clima assurdo sui bambini.          

Stiamo inducendo nelle anime più giovani fobie e sensi di colpa e trovo crudele far passare queste nuove misure disumanizzanti come un bel gioco. Non è un bel gioco per niente perché stiamo chiedendo ai bambini di rinunciare ad essere bambini.

Tra l’altro l’uso della mascherina, oltre ad essere controindicato per l’infanzia, ostacola anche la comunicazione non verbale che rappresenta buona parte della comunicazione umana e passa soprattutto dalle espressioni e dalla mimica facciale. Non è quindi da escludere che, imporla in età evolutiva, possa interferire nello sviluppo delle competenze emotive e sociali indispensabili per una normale vita di relazione.

 

ATTENZIONE perché la sofferenza psicologica dei bambini non è detto che sia immediatamente visibile, può manifestarsi a  scoppio ritardato e ci potrebbero volere anni prima di vederne i terribili effetti.

È però certo e  ampiamente dimostrato che il malessere psicologico ha effetti negativi sulla salute fisica perché indebolisce le difese immunitarie.

Ricordo infine che la salute, secondo la stessa OMS, è un completo stato di benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza di malattia.

È un diritto, non è un obbligo, e va protetta nella sua globalità.

 

P.S.

Vari psicologi e psichiatri hanno lanciato l’allarme sui possibili rischi connessi alla gestione pandemica per quanto riguarda il benessere delle generazioni più giovani e quindi i rischi delle cosiddette “Linee guida Azzolina per la ripartenza scolastica”. La denuncia è stata fatta anche in Parlamento. QUI il link alla conferenza stampa che si è tenuta alla Camera dei Deputati in cui sono intervenuti la Dott.sa Giuditta Fagnani, Psicologa dell’età evolutiva e psicoterapeuta sistemico-relazionale; la Dott.sa Patrizia Scanu, Psicologa clinica, Gestalt Counsellor e docente liceale; e il Dott. Vittorio Lodolo D’Oria, Medico specialista in Ematologia ed esperto di malattie professionali degli insegnanti.