Depressione, manie, disturbo bipolare, schizofrenia e anomalie del comportamento sono correlabili a un forte squilibrio intestinale causato da un’infiammazione continua che, alla lunga, determina il passaggio di alcune sostanze che interferiscono negativamente a livello cerebrale.
Sono sempre più, infatti, gli studi che stanno confermando la relazione causale tra malattia infiammatoria intestinale e anomalo funzionamento del cervello. Allo stesso tempo ci sono lavori che evidenziano sempre con maggiore frequenza una sensibilità al glutine del grano e alla caseina del latte bovino negli individui con disturbi psichici anche gravi. I sottoprodotti digeriti di questi alimenti sono le esorfine (gluteomorfine e caseomorfine, sostanze ad azione oppioido-simile che si formano con la fermentazione del latte e del glutine), che possono passare attraverso l’intestino infiammato e arrivare al cervello dove contribuiscono a provocare disturbi psicotici.
Ma non sono soltanto la caseina e il glutine a incidere negativamente sulla salute mentale: una ricerca condotta dalla Johns Hopkins University ha evidenziato, ad esempio, che esiste un’elevata correlazione tra la presenza di anticorpi anti-lievito di birra (ASCA, Anticorpi Anti Saccaromyces Cerevisiae) e disturbo bipolare. In sostanza esiste un rischio di malattia bipolare di circa quattro volte maggiore nei soggetti con anticorpi anti lievito rispetto a quelli che non ne hanno e ciò indipendentemente dal tipo di trattamento psicofarmacologico ricevuto. Inoltre, gli autori dello studio hanno riscontrato un’associazione tra anticorpi anti lievito, anticorpi anti glutine e anti caseina significativamente alta nei soggetti con malattia bipolare rispetto ai soggetti di controllo che non soffrivano di questo disturbo.
Al di là dei disordini dell’umore, è stata riscontrata una sensibilità al lievito anche in alcune malattie infiammatorie e autoimmuni e, a riguardo, è molto interessante leggere l’articolo di un gruppo di ricercatori italiani che fu pubblicato una decina di anni fa su Clinical Reviews in Allergy and Immunology, si intitola “Gli autoanticorpi anti-Saccaromyces Cerevisiae nelle malattie autoimmuni: dalla cottura del pane all’autoimmunità” ed evidenzia come l’organismo inizia a produrre anticorpi nei confronti dei lieviti quando lieviti e sostanze fermentate sono sistematicamente presenti nell’alimentazione quotidiana quindi in virtù di un eccesso alimentare (vino, crackers, brioche, yogurt, pane, formaggi, pizze, eccetera). Allo stesso tempo inizia a produrre anche anticorpi che possono reagire come auto antigeni cioè con parti dell’organismo stesso ed è proprio questo a favorire le diverse malattie autoimmuni.
Il Saccharomyces cerevisiae è meglio conosciuto come lievito di birra e di panificazione. Nell’Abstract di questo lavoro si legge che “le sue tracce residue sono anche frequenti eccipienti in alcuni vaccini.” Inoltre, è scritto: “Sebbene anti-S. cerevisiae (ASCA) sono considerati specifici per la malattia di Crohn, un numero crescente di studi ha rilevato livelli elevati di ASCA in pazienti affetti da malattie autoimmuni rispetto ai controlli sani, tra cui la sindrome antifosfolipidica, il lupus eritematoso sistemico, il diabete mellito di tipo 1 e il diabete reumatoide, l’artrite.” Gli autori precisano che: “I microrganismi commensali come i Saccharomyces sono necessari per la nutrizione, il corretto sviluppo del tessuto linfoide aggregato di Peyer e la guarigione dei tessuti. Tuttavia, anche il microbiota commensale non classico patogeno può innescare l’autoimmunità quando la regolazione fine della tolleranza immunitaria non funziona correttamente.” Infine, si legge una cosa molto interessante: “Gli ASCA potrebbero essere presenti anni prima della diagnosi di alcune malattie autoimmuni associate poiché sono stati trovati retrospettivamente nei campioni di sangue conservati di soldati che anni dopo furono colpiti dalla malattia di Crohn.” E questo è un passaggio molto utile da considerare ai fini della prevenzione.
Nel pensiero comune la malattia è una disgrazia che capita. In realtà non è mai una reazione improvvisa e incomprensibile dell’organismo.
Per i disordini dell’umore, le malattie mentali e autoimmuni le ricerche sempre più spesso stanno suggerendo che i continui stimoli infiammatori conseguenti a scelte alimentari errate possono essere una causa/concausa e dunque avere un peso molto importante nelle scelte quotidiane. Se non si contempla anche questa possibilità, ogni approccio terapeutico manifesterà grandi limiti fino a essere inutile e/o pericoloso. Le patologie autoimmuni e, in particolare, i disturbi psichiatrici richiedono, infatti, un’impressionante somministrazione di farmaci che poi hanno anche ripercussioni sull’intero organismo. Considerare la presenza di un forte stimolo pro-infiammatorio, invisibile, che accompagna la psicopatologia e che percorre l’asse intestino-cervello nelle due direzioni e tenere in conto anche questo aspetto è, dunque, fondamentale per individuare le giuste scelte terapeutiche.
Purtroppo, pochi psichiatri illuminati addentrano la loro competenza nella dinamica molecolare dell’evento psicopatologico, di conseguenza, spesso in questo campo della salute mentale si può andare incontro a diagnosi scorrette e a terapie non adeguate, anzi molte volte si scivola in un devastante abuso farmacologico condizionando pesantemente la vita delle persone.
Il mondo della patologia psichiatrica è infinitamente complesso ed è inimmaginabile pensare di essere in grado di comprenderlo senza integrare varie conoscenze. Nel concludere questo breve articolo – che non ha pretese di esaustività, ma vuole solo essere uno stimolo all’approfondimento e alla riflessione – vorrei citare gli ottimi studi del Prof. Massimo Cocchi, Biochimico, purtroppo recentemente e prematuramente scomparso.
È stato professore di Alimenti e nutrizione umana presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Bologna, Presidente della Società Italiana di Biologia Sperimentale e Presidente anche dell’Istituto QPP: Research Institute for Quantitative and Quantum Dynamics of Living Organisms, Center for Medicine, Mathematics & Philosophy Studies. QUI alcuni argomenti del suo lavoro di ricerca.