L’ape da migliaia di anni produce sostanze utilizzate a scopo medicinale come miele, propoli, pappa reale e cera. Uno studio di tre anni fa, in realtà poco conosciuto al grande pubblico, ha evidenziato che il veleno di ape e, in particolare una sua componente, la melittina, può rappresentare una efficace arma per la cura del tumore al seno, soprattutto verso le forme più aggressive della malattia normalmente refrattarie ai comuni trattamenti.
Lo studio è stato condotto dall‘Harry Perkins Institute of Medical Research e dall’Università dell’Australia occidentale ed è stato pubblicato su NPJ Precision Oncology.
Già ricerche precedenti avevano dimostrato che la melittina del veleno delle api ha effetti antitumorali nel melanoma, nel cancro del polmone non a piccole cellule, nel glioblastoma, nella leucemia, nel tumore ovarico, cervicale e pancreatico. Le nanoparticelle di melittina sono state utilizzate anche per sopprimere le metastasi epatiche attraverso l’immunomodulazione delle cellule endoteliali sinusoidali del fegato.
Nessuno aveva mai confrontato gli effetti del veleno delle api o della melittina in tutti i diversi sottotipi di cancro al seno. Il pregio di questo ulteriore lavoro è di averlo fatto: il team di ricercatori australiani e statunitensi guidati da Ciara Duffy ha mostrato che veleno d’ape e melittina inducono “una morte cellulare potente e altamente selettiva” nelle cellule del cancro al seno con una tossicità minima per le cellule normali.
Gli studiosi hanno osservato che entro venti minuti la melittina è stata in grado di interferire con le vie di segnalazione all’interno delle cellule di tumore al seno riducendone la replicazione. In sostanza ha interrotto rapidamente i messaggi chimici delle cellule tumorali che sono essenziali per la crescita e la divisione cellulare delle cellule tumorali e ciò è accaduto anche nei tumori tripli negativi, che sono i più aggressivi e associati agli esiti peggiori.
Il veleno si è rivelato “estremamente potente”, a detta della Dott.ssa Duffy che ha dichiarato: “Abbiamo riscontrato che sia il veleno delle api che la melittina hanno ridotto significativamente, selettivamente e rapidamente la vitalità del cancro al seno triplo negativo e delle cellule di cancro al seno arricchite con HER2. Il veleno era estremamente potente. Una concentrazione specifica di veleno di api può indurre il 100% della morte delle cellule tumorali, pur avendo effetti minimi sulle cellule normali. Abbiamo scoperto che la melittina può distruggere completamente le membrane delle cellule tumorali entro 60 minuti”.
Risultati importantissimi che dovrebbero essere sfruttati per favorire lo sviluppo di nuove modalità terapeutiche ma che, invece, non hanno avuto tutta la considerazione e il clamore mediatico che, al contrario, è stato riservato ad altri prodotti, come ad esempio quelli che di recente sono stati proposti e imposti per il trattamento della Covid-19. Per questi farmaci, velocemente messi in commercio senza adeguata sperimentazione, nessuno ha richiamato la necessità di ulteriori studi per valutare il metodo ottimale di somministrazione, nonché la tossicità o le dosi massime tollerate. Cosa che invece, è stata richiesta per il veleno delle api, nonostante i numerosi studi a disposizione (uno dei primi fu pubblicato su Nature nel 1950, rivelando che riduceva la crescita dei tumori nelle piante).
Il veleno delle api è un altro meraviglioso esempio di come possono essere usate le sostanze naturali per curare le malattie, evidentemente anche quelle più gravi della nostra epoca.
È anche un ulteriore, triste esempio, di come le grandi industrie farmaceutiche siano interessate ai profitti piuttosto che alla salvaguardia reale della salute delle persone.
E questo, ormai, dovrebbe essere chiaro a tutti.
Dovrebbe.