I polmoni della terra sono in fiamme, cosa si può fare?

Il mondo brucia per mano dell’uomo dall’Italia (un incendio per giorni ha devastato l’Abruzzo) all’Amazzonia dove nel luglio 2020 ci sono stati ancora più incendi rispetto al luglio dell’anno precedente.

Se ne dovrebbe parlare di più, ma i fari continuano sempre ad essere puntati sul Covid e spenti sul resto, o meglio, su precise tipologie di resto. 

Eppure questi sono problemi veri. Non solo di chi vive nelle zone colpite da questi disastri, ma anche nostri, di tutti.

 

Le fiamme che divampano sono quasi sempre di natura dolosa e criminale. Bruciare il patrimonio paesaggistico e boschivo di cui è custode la Terra porta sicuramente a qualcuno ricchezza, ma anche moltissime perdite e desolazione sotto il profilo ambientale. 

E tra roghi, disboscamento e monocolture intensive i polmoni del pianeta sono sempre più compromessi, quindi anche la nostra salute. Sì, perché quando gli alberi vengono bruciati innanzitutto il carbonio prodotto si accumula nell’atmosfera come anidride carbonica, un gas serra che, come noto, ha il potenziale di alterare il clima globale. Inoltre la preziosissima biodiversità ospitata da boschi e foreste, in particolare quelle tropicali, rischia con gli incendi di estinguersi irrimediabilmente. Meno alberi vuol dire anche aria più inquinata e più gravità e incidenza delle malattie respiratorie.

 

COSA SI PUÒ FARE PER SALVARE LE FORESTE?

A livello politico gli stati dovrebbero cominciare a inquadrare le azioni criminose contro le aree verdi come reati gravi da reprimere sempre più severamente e dare il via a campagne di piantumazione di alberi nei perimetri o dentro le città (così come la riscoperta e l’arricchimento dei parchi e giardini pubblici). L’ideale sarebbe un preciso percorso politico di strategia comune tra i vari paesi del mondo perché i cambiamenti climatici ci hanno già insegnato che le politiche nazionali non bastano.

Anche a livello individuale però ognuno di noi può attivarsi. Ecco 10 piccoli gesti che possono fare una grande differenza:

 

  1. Eliminare o almeno ridurre il consumo di carne importata dal Brasile. Gli  allevamenti di bovini sono una delle prime cause di deforestazione dell’Amazzonia. Stanno disboscando e bruciando per far posto ai campi agricoli per coltivare fieno, cereali e piante di soia destinate a maiali e bovini. Se decidiamo di consumare carne importata dal Sudamerica assicuriamoci che questa provenga unicamente da allevatori che rispettano i più alti standard ambientali, che allevano i propri animali con il minimo impatto sulla biodiversità dell’area e in zone che non sono state sottratte alla foresta.
  2. Evitare prodotti contenenti olio di palma o almeno privilegiare quelle aziende che garantiscono una produzione responsabile che non sia a discapito delle foreste, dei diritti dei lavoratori e delle comunità locali (moltissimi ettari di foreste pluviali e torbiere anche in Papua e Indonesia sono stati distrutti per produrre olio di palma).
  3. Ridurre il consumo di soia, spesso è un’altra causa di deforestazione. Disboscano le foreste anche per piantare soia transgenica destinata sia ad animali che all’industria alimentare. Anche in questo caso optare per prodotti a base di soia biologici acquistando da aziende impegnate nella riduzione della deforestazione. 
  4. Diffidare degli ogm, si tratta tra l’altro di colture invasive inadatte agli ecosistemi locali e che, nel lungo termine, portano a impoverimento dei suoli e a desertificazione.
  5. Fare una donazione a un’associazione impegnata nella tutela della foresta e dei diritti degli indigeni. Ad esempio contribuendo al progetto Protect An Acre di Rainforest Action Network, supportando le popolazioni indigene con Amazon Watch o finanziando l’acquisto di terra attraverso Rainforest Trust che utilizza i fondi per acquistare i territori della foresta pluviale levandoli dalle mani degli speculatori. A livello internazionale e in Italia vi sono diverse campagne di sensibilizzazione per l’ambiente e la difesa degli alberi. Le più note sono lanciate da WWF e Greenpeace ma le possibilità sono tante, l’importante è aderire con un contributo di sostegno ai progetti seri a difesa di aree verdi. 
  6. Preferire prodotti in carta riciclata e ridurre il consumo di carta. Ad esempio si può provare la stampa/scrittura su entrambi i lati della carta e a sostituire la carta per asciugare in cucina con gli strofinacci. Sono abitudini semplici che possiamo mettere in pratica nel nostro quotidiano.
  7. Orientarsi su prodotti certificati FSC sia per quanto riguarda l’acquisto di prodotti in carta che in legno (arredi per interni ed esterni, pavimenti, giochi, utensili ecc…) così da avere la garanzia che la foresta di origine è stata gestita in maniera sostenibile, assicurare una produzione di lungo periodo e tutelare i valori sociali e ambientali di quell’area. 
  8. Piantare un albero. La metà della superficie terrestre era ricoperta una volta da una fitta foresta ma ormai abbiamo perso la maggior parte del verde. Possiamo però ripartire. Piantando ognuno un albero, anche solo un semino, è possibile partecipare alla lotta contro l’erosione del suolo, la siccità, l’inquinamento atmosferico, l’effetto serra. Inoltre si abbellisce il paesaggio facendo rifiorire intere regioni.
  9. Visitare i parchi nazionali. Quando pianifichi le tue prossime vacanze inserisci sempre una gita che lo preveda. I parchi possono sopravvivere e prosperare anche grazie al nostro diretto supporto. 
  10. Educare gli altri. Molti ignorano questo problema globale che stiamo affrontando. Educando i tuoi amici e famigliari riguardo questa tematica, anche semplicemente divulgando articoli come questo sui social, contribuirai ad aumentare la consapevolezza.

 

Servono fatti. Anche piccoli, ma da parte di tutti. 

E se questi fatti sono ripetuti e condivisi, diventeranno grandi e potranno incidere in modo forte sulle politiche locali, nazionali e internazionali.

Abbiamo già perso più del 50% delle aree verdi del pianeta. 

Non dimentichiamo che per sopravvivere non possiamo fare a meno degli alberi. 

La salute delle piante è la nostra salute.