L’Amazzonia, la malaria e noi

L’Amazzonia, la malaria e noiLa crescente deforestazione in Amazzonia sta provocando un picco di casi di malaria in Brasile. È stato uno studio pubblicato sulla rivista PNAS a evidenziare i collegamenti tra la deforestazione e la trasmissione di questa malattia e i risultati indicano che, se la deforestazione in un comune aumenta dell’1%, è associata ad un aumento del 6,3% dei casi di malaria nella stessa area entro un mese.

 

La deforestazione altera gli habitat di riproduzione delle zanzare portando ad aumenti della densità di questi insetti ai margini della foresta.
Tra il 1975 e il 1990 i casi di malaria sono aumentati di sei volte raggiungendo quota 600.000.
Un aumento dei casi è stato registrato dopo il 2016, a causa dell’espansione dell’attività mineraria illegale.
Gli ultimi dati analizzati vanno dal 2003 al 2022 e mostrano 5,43 milioni di casi di malaria con 207.287 km quadrati di foresta persi (il 4,13% dell’area totale). L’87,7% della deforestazione si è verificato in quattro Stati: Parà, Amazonas, Rondonia e Mato Grosso e non sono state risparmiate nemmeno le aree indigene protette.

 

La deforestazione non porta soltanto malaria, ma illegalità, crea sviluppo solo per pochi e causa povertà per tutti gli altri.
Certamente a soffrire di più il problema sono gli abitanti dei territori interessati, in primis le popolazioni indigene.
La questione, però, non interessa solo l’Amazzonia, ma riguarda tutti.
Infatti, meno alberi significa anche meno correnti d’aria che trasportano enormi quantità di vapore acqueo, non solo sul Brasile, ma anche verso il resto del mondo favorendo le precipitazioni e alimentando il ciclo dell’acqua sul pianeta. Dunque, anche il clima globale si destabilizza.

 

In natura tutto è connesso.
Non abbiamo ancora ben compreso quanto sia cruciale per la nostra sopravvivenza non interferire con i suoi equilibri.