La scoperta degli antibiotici è stata determinante per contrastare alcune patologie e migliorare lo stato di salute; tuttavia, l’uso di questi farmaci che, nel tempo è diventato eccessivo e anche inappropriato, sia negli esseri umani che negli animali, sta contribuendo ad accelerare il fenomeno dell’antibiotico-resistenza, un problema serio di salute pubblica a livello globale.
Molti degli antibiotici venduti nel mondo e anche in Italia sono destinati agli animali negli allevamenti, in particolare quelli intensivi, ed è proprio questo a contribuire in modo determinante alla diffusione, anche tra le persone, dell’antibiotico-resistenza che consiste nella capacità di alcuni batteri di sopravvivere e moltiplicarsi pur in presenza di uno o più antibiotici e, quindi, di continuare a causare l’infezione.
Il che rende difficile riuscire a curare le malattie infettive con il rischio di aumento di mortalità. Secondo i dati del Ministero della Salute le infezioni resistenti ai farmaci antimicrobici provocano ogni anno oltre 35.000 decessi nelle nazioni europee e, purtroppo, circa un terzo di questi decessi avviene in Italia.
Il passaggio di antibiotici da animali esseri umani può avvenire non soltanto attraverso il consumo della carne, ma anche tramite gli impianti di ventilazione degli allevamenti (per i lavoratori degli allevamenti stessi) e la gestione dei rifiuti.
Se gli animali fossero allevati in condizioni più sane e non estreme come all’interno degli allevamenti intensivi, sicuramente ci sarebbe un utilizzo meno frequente di questi farmaci; invece gli antibiotici sono diventati uno strumento molto usato dall’industria della carne per mantenere in vita animali portati al di sopra dei loro limiti fisiologici che, quindi, si ammalano con molta facilità.
Un consumo più limitato di carne, per chi non ne può fare a meno, e dei seri miglioramenti di benessere degli animali consentirebbero di ridurre l’uso dei farmaci e quindi la minaccia dell’antibiotico-resistenza. È necessaria, quindi, un’inversione di rotta sia da parte della zootecnia che anche da parte delle persone nelle scelte alimentari e negli acquisti, se si vuole risolvere il problema.
Se ci si pensa bene, la responsabilità è IN OGNI CASO nostra perché, da consumatori, accettiamo gli alimenti a buon mercato della produzione industriale e, da pazienti, ricerchiamo la veloce via alla guarigione rappresentata dai farmaci quando, invece, dovremmo preoccuparci di nutrirci in modo migliore e sostituire le abitudini che inducono alla malattia con consuetudini igieniche e pratiche comportamentali che favoriscono l’efficienza del sistema immunitario e il benessere.