Acido urico alto, una minaccia per cuore e circolazione

C’è una correlazione tra acido urico e rischio cardiovascolare. 

Se è alto si rischia di più, ma pochi lo misurano perché non sempre i medici di base richiedono il dosaggio dell’acido urico quando prescrivono gli esami del sangue. In genere lo si prescrive solo nella batteria di esami standard dei pazienti a rischio cardiovascolare come gli ipertesi, i diabetici, le persone colpite da sindrome metabolica o da insufficienza renale. 

 

Tutti noi produciamo acido urico (è il prodotto finale del metabolismo delle proteine), il suo valore normale oscilla tra 3 e 6,5 milligrammi per decilitro ma, a volte, la concentrazione aumenta in modo eccessivo. 

Come mai?

Diverse sono le cause. O un aumento della produzione di acido urico dovuto a un’attività eccessiva dell’enzima xantino-ossidasi o una riduzione della sua escrezione renale o la combinazione di questi meccanismi nello stesso soggetto. 

Le conseguenze più conosciute sono a livello articolare (la gotta è la più comune e dolorosa malattia delle articolazioni) ma ci sono sempre più evidenze che riguardano l’aspetto cardiovascolare dal momento che molti studi hanno dimostrato che un innalzamento dell’uricemia aumenta il rischio di ipertensione, infarto miocardico, fibrillazione atriale e insufficienza cardiaca. Inoltre si è riscontrato un incremento del rischio di diabete e insufficienza renale.

 

Dunque, secondo le ricerche che negli ultimi anni si sono susseguite, l’acido urico oltre i limiti di riferimento è un fattore di rischio cardiovascolare da tenere in considerazione al pari di colesterolo alto, ipertensione e iperglicemia. È importante di conseguenza PER TUTTI una valutazione periodica.
Ricordando che un parametro numerico non va considerato da solo in quanto tale, ma valutato nell’ambito della condizione del singolo soggetto e delle sue caratteristiche in modo tale da capire se i livelli elevati di acido urico sono una minaccia reale o vanno soltanto monitorati. Certamente la conoscenza dei livelli di uricemia sarà fondamentale per le persone che già possiedono uno o più fattori di rischio cardiovascolare dal momento che queste persone possono risultare “fuori soglia” anche per un valore ben più basso di 6,5 milligrammi per decilitro (parte della comunità scientifica comunque sta discutendo se il valore limite debba essere un po’ abbassato per tutta la popolazione generale sotto il livello di 5,0 mg/dL).

 

Come favorire la normalizzazione dell’uricemia?

Prima di ricorrere ai farmaci è necessario innanzitutto modificare lo stile di vita, a cominciare dall’alimentazione. Ad esempio sono da evitare i pasti grassi ricchi di carni rosse e le diete troppo cariche di zuccheri tenendo presente che anche le bevande zuccherate e alcoliche possono contribuire ad aumentare i valori di acido urico.
I ricercercatori stanno anche indagando la possibilità che alcuni nutrienti, come il kampferolo (presente in cavolfiore, cavolo cappuccio, cavolo verza, cavolo nero, cavolo rosso, cavolo riccio, cavolini di Bruxelles, crescione, ravanello, rucola, senape), la baicalina (presente nella scutellaria, una pianta erbacea perenne) e la caffeina possano cooperare nel ridurre una concentrazione elevata di acido urico nei soggetti asintomatici.

Merita menzione un interessante lavoro effettuato qualche anno fa dalla Johns Hopkins University che ha evidenziato la capacità della vitamina C di abbassare l’uricemia: la semplice assunzione di 500 mg al giorno di Vitamina C confrontata con placebo era di circa 0,5 mg/dL, ma in soggetti con uricemia elevata o border line (oltre a 7), la discesa, dopo solo 2 mesi di trattamento, e senza diete particolari, era mediamente di 1,5 mg/dL.

Anche alcuni oligoelementi e piante possono essere di grande aiuto. 

Il tutto, ovviamente, nell’ambito di un percorso di riequilibrio dello stile di vita che prevede anche l’introduzione del movimento e di altre abitudini salutari.

 

N.B.

Attenzione. Anche alcuni farmaci possono alzare i livelli di acido urico. Ad esempio i diuretici o i beta-bloccanti per il controllo della pressione possono avere come effetto collaterale l’aumento dei livelli di acido urico. Non si tratta di innalzamenti eccessivi, ma certamente il medico dovrà tenerne conto se ha di fronte pazienti già affetti da iperuricemia o da gotta.

 

 

P.S.

Oltre all’uricemia c’è un altro fattore di rischio cardiovascolare generalmente poco monitorato: l’omocisteina. In questo mio precedente post:Omocisteina un fattore di rischio sottovalutato puoi leggere l’intervista al professor Mauro Miceli, docente universitario, che spiega perché è importante che il valore di questo parametro del sangue sia entro certi limiti (che sono più bassi di quelli indicati come normali dalla maggior parte dei laboratori!).